- On dicembre 21, 2018
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- Tags Tag:Beirut, Corniche, Gabriele Romagnoli, Khalil Gibran, Libano, Medio Oriente, nightlife, Pigeon Rocks
IL MELTING POT DEL PAESE DEI CEDRI
Beirut è l’araba fenice del Medio Oriente. È la sua anima liberale, dinamica, frastornante, affascinante.
Il mondo può essere girato in dodici ore, dal tramonto all’alba,
con uno spostamento minimo eppure immenso:
basta andare da Beirut Est a Beirut Ovest, in senso orario.
Sono le parole di Gabriele Romagnoli, giornalista e scrittore che a Beirut ha trascorso due anni e mezzo. Beirut è Oriente e Occidente, passato e presente, scacchiera dove si sono alternati romani e bizantini, ottomani e francesi.
È una città costiera dal clima mediterraneo, segnata da una lunga guerra civile, patria dove convivono 17 confessioni religiose, spirito liberale in una regione delicata.
Beirut è dinamismo allo stato puro, in cui ogni quartiere ha una precisa fisionomia e atmosfera, in cui i bazar si alternano a boutique del lusso. Una città che non dorme mai: basta recarsi la sera nella zona di Ashrafieh per farsi un’idea della nightlife, fra ristoranti alla moda, pub con musica live e discoteche con Dj set.
Un soggiorno a Beirut consente di visitare i luoghi must del Libano e al contempo di scoprire tutte le sue sfaccettature. La cultura antica, che si respira nel Museo Nazionale, la cui collezioni archeologiche testimoniano le civiltà che maggiormente hanno influito nella storia del Paese, come quella dei Fenici.
Lo spirito contemporaneo, che si respira invece lungo la Corniche, lungomare di dieci chilometri, che ha il clou a Pigeon Rocks: si viene soprattutto all’ora del tramonto, per ammirare il sole che si tuffa in acqua a ridosso delle formazioni rocciose alte 60 metri.
Beirut è intrigante, con gli edifici di culto ortodossi e le moschee, i palazzi ottomani e quelli che dal 2005 sono stati dipinti con murales e stencil. È una citta che trasuda vita, istinto alla rinascita.
Forse non sapete che è libanese un poeta famoso e tradotto in 20 lingue, Khalil Gibran. Ne Il profeta (1923) intreccia immagini e simboli di ogni religione e filosofia; vi regaliamo una sua riflessione.
Non chiamare stolto nessuno tra voi,
giacché in verità noi non siamo né saggi né stolti.
Siamo verdi foglie sull’albero della vita,
e la vita stessa è al di là della saggezza e,
certo, al di là della stoltezza.