- On aprile 26, 2018
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- Tags Tag:Anthony Quinn, Canyon, Deserto, Giordania, Lawrence d’Arabia, Omar Sharif, Oscar, Peter O’Toole, Prima Guerra Mondiale, Rift Valley, Thomas Edward Lawrence, Trekking, Wadi, Wadi Rum
LA VERTIGINE DEL DESERTO
Vinse anche un Oscar. Nel 1962; la “miglior scenografia” era quella del Wadi Rum, il deserto che aveva fatto da co-protagonista in Lawrence d’Arabia, la pellicola con Peter O’Toole, Anthony Quinn e Omar Sharif. Molte riprese dell’epico film furono girate nei luoghi che effettivamente fecero da sfondo alle vicende di Thomas Edward Lawrence, colonnello-avventuriero britannico che, insieme al principe Faysal Bin Hussein, durante la Prima Guerra Mondiale, insediò nel Wadi Rum un quartier generale per sostenere la Rivolta Araba contro l’impero ottomano.
È realmente una scenografia da Oscar quella del Wadi Rum – area protetta dal 1998 – con ampie distese di sabbia da cui emergono rilievi di ogni forma e dimensione, che a volte appaiono come creste scoscese e corrugate, altre volte come candele che si liquefanno. Gli agenti atmosferici hanno dato vita a labirinti di valli (wadi), grandi faglie ed erosioni di forma mammellonare; arenaria e calcare, basalti e graniti, si alternano a pietrisco e sabbia in un gioco di colori ed elementi.
Qui, nel sud della Giordania, ad altitudini medie di 800-900 metri, i veri protagonisti sono paesaggi senza tempo e spazi sconfinati dalla morfologia unica, in cui dedali di montagne rocciose sovrastano valli sabbiose. Basta aggirarsi nella cosiddetta Valle della Luna per rimanere estasiati; scenari surreali sono dipinti da torri possenti, pinnacoli e guglie di arenaria che dominano i letti rossicci di fiumi prosciugati. Da lì si raggiunge il Canyon di Khazali, con le incisioni rupestri. Si possono riconoscere nitidamente struzzi e stambecchi, prede di caccia, una donna nell’atto di partorire, orme di piedi rivolte verso l’alto; sono state rinvenute almeno 350 impronte, che potrebbero indicare rotte e direzioni preferenziali, piuttosto che simboleggiare le individualità degli autori, a guisa di firme. Un’altra località stupefacente è Anfishiyyeh, con le alte dune rosse e incisioni rupestri, raffiguranti in particolare cammelli, animali a cui i beduini sono sempre stati legati e non solo per opportunità.
Il paesaggio muta di continuo; le dune sfumano e oltrepassando Jebel Umm Ashrin (la madre dei venti), il cui terreno è pietroso, si aprono spazi del tutto diversi.
Gli amanti del trekking possono pernottare nei camping e dedicarsi a spedizioni, seguendo itinerari tematici, come quello delle incisioni rupestri, quello delle sorgenti (ain) e cisterne (birqa) costruite per raccogliere l’acqua piovana, o quello dei ponti di pietra, formazioni rocciose naturali, il più alto dei quali è Burdah, coi suoi 35 metri.
Il deserto, come l’oceano, è assoluto; per chi lo abita non consiste in uno spazio ma in un modo di vivere. Un minuscolo 5% della popolazione giordana, a fronte di un territorio che ricopre l’80% del Paese; fra tratti di sabbia compatta vi sono sì una strada asfaltata che collega i villaggi e la ferrovia adibita al trasporto di fosfato, ma la grande sfida è contro la desertificazione, poiché la pioggia scende per meno di 200 millimetri l’anno.
Wadi Rum è sul versante giordano del Wadi Araba, la sezione della Rift Valley che corre lungo il confine tra Giordania e Israele; forse anche per questo il trattato di pace fra i due Paesi, che risale al 1994, è stato siglato proprio qui.