- On febbraio 10, 2023
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- Tags Tag:armenia, CAUCASO, LAGO SEVAN, vardavar
La cucina dal cuore armeno: il patrimonio del paese
Dicono che ci sono cinque linguaggi dell’amore: parole d’affermazione, tempo di qualità, ricevere regali, atti di servizio, contatto fisico. Ma in realtà non è così. Almeno per l’Armenia. Lì il linguaggio dell’amore principale è il cibo.
7 di mattina, estate a Yerevan. Fra 30 minuti si parte per l’aeroporto. Mi sono svegliata a casa di mio nonno dal forte odore del bollito che arrivava anche nella stanza più lontana. A nonno non importava che eravamo a luglio con un caldo assurdo anche durante la notte e che cucinare la carne nell’acqua bollente per ore non aiutava per niente a rinfrescare la casa. Il suo scopo era far provare la kufta a me e mio fratello visto che eravamo a Yerevan da due settimane e non potevamo tornare a Mosca senza averla mangiata almeno una volta. La kufta è il piatto tipico della cucina armena fatto da carne macinata, cipolla, uova e ovviamente cognac. Non si poteva offendere il nonno, quindi si doveva per forza mangiare la kufta con il calore di luglio già all’alba.
Nello stesso caldo luglio siamo andati con mio zio al lago Sevan, uno dei tesori naturali del paese. Ovviamente non solo per ammirare questa perla dell’Armenia, ma per mangiare salmone e gambero di fiume del lago. Si può provare questa specialità di Sevan in uno dei numerosi locali sul lungolago. Lo stesso giorno dopo qualche ora siamo tornati a Yerevan. Non appena ho aperto la portiera della macchina mi sono trovata completamente cosparsa d’acqua. E poi ancora ed ancora. Si è scoperto che tutti stavano festeggiando “Vardavar”, il giorno in cui nessuno può rimanere all’asciutto. È una festa tradizionale dell’Armenia in cui persone di tutte le età si spruzzano acqua l’una sull’altra usando mezzi improvvisati: secchi, bicchieri, mestoli, bottiglie e pistole ad acqua. La regola principale è – non ci si può offendere. Lo zio ha detto che l’unico posto dove ci si poteva nascondere era il ristorante del suo amico. E l’amico diceva che non ci avrebbe lasciato andare fino a quando non avremmo provato i suoi caratteristici khorovats (un barbecue armeno) e lamajo (focaccia sottile con carne macinata). Non si poteva offendere il vecchio amico dello zio, quindi abbiamo dovuto mangiare piatti di carne prima di digerire quelli di pesce.
A proposito, quella kufta di luglio non è stata la prima volta che mangiavo un cibo un po’ particolare per colazione. Anzi, ogni anno il 1° gennaio mio padre invita tutti i parenti ed amici a casa nostra per mangiare il piatto armeno principale – il khash. Questa è una zuppa molto ricca di cosce di manzo e varie parti della mucca che normalmente non si mangiano per colazione. Dovrebbe essere consumata con ravanello, tanto aglio, erbe aromatiche e anche lavash – pane sottile armeno, incluso nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO. Tutto questo si può fare esclusivamente al mattino presto e il piatto va accompagnato esclusivamente con la vodka. A proposito, per preparare questa zuppa armena ci vogliono tante ore e anche in questo caso non è possibile nascondersi dall’odore fortissimo. Non si può offendere papà, quindi ogni anno per la nostra famiglia inizia con un’enorme porzione di khash e brindisi obbligatori: “Buongiorno”, “Per chi ha cucinato il khash”, “Per chi mangia il khash”. Dopo segue l’improvvisazione degli ospiti.
Сibo in Armenia è ovunque, sempre. Rifiutarlo vuol dire offendere colui che lo offre. È una parte enorme di ospitalità, cordialità, cultura e vita armena in generale. E anche se uno viaggia da solo in Armenia, la probabilità che si ritroverà a casa di qualcuno seduto a un grande tavolo è molto alta. E visto che non si può offendere un armeno, non sarà possibile rifiutare khorovats, kufta, lamajo, dolma (carne macinata con riso in foglie di vite), verdure, sottaceti, cognac e vino di melograno o corniolo.
Venite in Armenia per fare il miglior tour enogastronomico, in quest’antico paese per conoscere il suo carattere, la sua storia e la sua anima così profonda.
Karina Magakian